Un giovane detenuto, di soli 21 anni, si è suicidato domenica 10 settembre nel carcere di Regina Coeli a Roma. Secondo il Sindacato autonomo di polizia, il ragazzo si trovava in cella da solo, sospettato di avere la scabbia, e nonostante l’intervento tempestivo degli agenti, nulla è stato fatto per salvarlo. Il Sindacato chiede alle autorità di attivare un tavolo permanente regionale per affrontare le criticità del sistema carcerario.
Questo ennesimo caso di suicidio in carcere evidenzia ancora una volta la persistenza dei problemi sociali e umani che affliggono le prigioni, nonostante il calo delle presenze. È importante sottolineare che negli ultimi vent’anni il personale della polizia penitenziaria ha impedito più di 25.000 tentativi di suicidio e quasi 190.000 atti di autolesionismo, che avrebbero potuto avere conseguenze disastrose.
Gli istituti penitenziari hanno l’obbligo di tutelare la salute e la sicurezza dei detenuti, e l’Italia è all’avanguardia nella normativa volta a prevenire tali eventi critici. Tuttavia, il suicidio di un detenuto rappresenta un grave fattore di stress per il personale di polizia e gli altri detenuti.
La situazione nei penitenziari nel Lazio, dove attualmente sono detenute oltre seimila persone, è sempre più critica. Lo afferma Maurizio Veneziano, responsabile regionale penitenziario del Lazio, che sottolinea come il personale sia sempre più scarso a causa di simili incidenti ormai quotidiani. Il personale di Polizia Penitenziaria è esausto e nonostante lavori più di 10/12 ore al giorno, non riesce più a garantire i livelli minimi di sicurezza. Quanto ancora potranno reggere questa situazione?
È necessario affrontare urgentemente questa problematica e trovare soluzioni efficaci. I detenuti hanno bisogno di un ambiente sicuro e di supporto, che favorisca la loro riabilitazione. È importante che le autorità si occupino dell’attuazione di politiche e programmi volti a migliorare le condizioni nelle carceri, oltre che ad aumentare il personale penitenziario.
La prevenzione del suicidio in carcere richiede un approccio olistico, che comprenda la valutazione e il trattamento delle condizioni di salute mentale dei detenuti, nonché la formazione del personale per riconoscere i segnali di allarme e gestire le situazioni di crisi. Inoltre, è fondamentale promuovere l’accesso a servizi di supporto psicologico e sociale all’interno delle strutture detentive.
La comunità nel suo insieme deve impegnarsi per affrontare il problema del suicidio in carcere. È necessario porre l’attenzione sui fattori di rischio che possono portare a questi tragici eventi, come l’isolamento, la mancanza di sostegno sociale e la disperazione. Solo attraverso un impegno collettivo si potranno fare progressi significativi per garantire il benessere dei detenuti e prevenire ulteriori perdite di vite umane.
Infine, è fondamentale ricordare che ogni vita conta, anche se quella di un detenuto. È nostro dovere come società garantire il rispetto dei diritti umani di tutte le persone, compresi coloro che si trovano in carcere. Solo così potremo creare un sistema penitenziario veramente rieducativo e giusto.
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