Guardate laggiù, quella terra che vedete? No, non è La Maddalena, è il Cinema Italiano. E si fa già mentre aspettiamo il traghetto che da Palau ci porterà al Solinas, il festival più bello di tutti. Ma vi spiego meglio, altrimenti leggete qui. Succede che sul molo, mentre parlo di un film in uscita, cito il nome di un giovane attore ancora poco conosciuto. Accanto a me c’è un giovane produttore che prende nota e dice: “Ah, davvero è bravo, ne avevo sentito parlare ma non ne ero sicuro”. Subito dopo, il giovane produttore chiama un collega e gli dice: “Sai che forse abbiamo trovato l’attore giusto per quel ruolo?”. E così si fa il Cinema Italiano, forse.
Arrivati a Punta Tegge, il Cinema Italiano si fa soprattutto al Solinas, che tecnicamente è “il festival degli sceneggiatori”, ma coinvolge un po’ tutti: autori vecchi e nuovi, produttori, registi, film commissioner locali, giornalisti che cercano di dialogare con il Cinema Italiano (e dopo qualche gin tonic, anche di cantare). Ci sono anche quelli che sembrano in perenne lotta, forse a causa delle illusioni perse di una carriera da sceneggiatore. È stato interessante sentire uno dei miei colleghi spiegare agli sceneggiatori che nei film non basta avere un’idea, bisogna saperla raccontare. E la sala ha risposto con dei fischi.
Il Cinema Italiano si fa qui al Solinas, con vista mare, nelle acque delle cale o in gita. A Caprera, l’autista Carmelo ha deciso dove portare i rappresentanti del Cinema Italiano tra un panel e l’altro. Alcuni sono stati portati alla spiaggia Due Mari, dove hanno nuotato e bevuto Bloody Mary. Altri sono andati al museo del mare per vedere i resti di un capodoglio spiaggiato anni fa. Altri ancora sono andati alla casa di Garibaldi. Chissà quali copioni verranno scritti nei prossimi anni, magari una commedia balneare, un thriller green-sostenibile o un dramma storico.
Il Cinema Italiano si fa mettendo “le storie al centro”, come recita il titolo del convegno di quest’anno. Le storie della meglio gioventù degli sceneggiatori italiani, quelli che hanno vissuto la crisi del cinema tradizionale e l’avvento della Peak TV delle pay e delle piattaforme streaming. Si parla anche della presunta crisi attuale, con la licenza di molte persone da parte di Disney+. Da un lato ci sono gli sceneggiatori più esperti, dall’altro ci sono i giovani che arrivano in finale al Solinas con i loro progetti. Ci sono soggetti per il cinema classico, ancora qualcuno ci crede. Ci sono documentari, il concorso Experimenta per le serie e, per il secondo anno, la Bottega della Sceneggiatura in collaborazione con Netflix. Scrittori di successo fanno da tutor agli sceneggiatori del futuro. Magari il soggetto vincitore non verrà mai prodotto, ma “il ragazzo che l’ha scritto l’abbiamo chiamato per un paio di progetti nostri”, mi dicono gli sceneggiatori più esperti.
È importante non chiamare i partecipanti al Solinas “ragazzi”, giovani va bene ma “ragazzi” suona troppo sminuente. Quest’anno i romani sono tornati a casa in nave, sette ore di viaggio in cui continuare a fare pitch tra i più esperti e i giovani. Un Triangle of Solinas che, mi hanno raccontato, non ha conosciuto ribellioni o ammutinamenti, ma una grande fratellanza e un intento comune: trovare le storie che mancano, quelle mai raccontate.
Alessandro Fabbri, uno degli sceneggiatori più esperti, ha tenuto una masterclass con tutti i finalisti della Bottega. Mi ha detto: “Mi ha stupito il fatto che questi giovani autori scrivono tutti da soli. Gli ho detto che scrivere da soli è difficile, ma hanno un grande senso della realtà, che forse a noi mancava”. Si riferiva alle writers’ room che loro hanno creato e che sono diventate la prassi per la scrittura televisiva anche in Italia.
Si discute del problema dei produttori che ritirano i finanziamenti pochi giorni prima delle riprese e del pay gap. Qualcuno si chiede come mai negli Stati Uniti ci sia uno sciopero degli sceneggiatori mentre in Italia si fa finta di niente. Ma c’è anche il mare, e anche se tira un po’ di vento, chi se ne importa? Possiamo fare un bagno e celebrare l’estate appena finita.
Mentre facciamo il bagno, passa accanto alla spiaggia una camionetta militare, poi un’altra e un’altra ancora. È un revival nostalgico, con soldati vestiti da carrarmati americani e persone in divisa. È una meravigliosa sequenza da Cinema Italiano, e gli sceneggiatori, vecchi e nuovi, per un attimo pensano: “Cavolo, perché non ho scritto io questa scena?”.
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