L’omicidio di mia sorella avrebbe potuto essere risolto entro 48 ore dalla sua scomparsa. Queste sono le parole di Gildo Claps, fratello di Elisa, l’adolescente uccisa il 12 settembre del 1993 a Potenza da Danilo Restivo, allora ventunenne. Oggi ricorrono trent’anni dalla morte della giovane, ma solo 13 anni fa il suo corpo è stato finalmente rinvenuto nel sottotetto della canonica della chiesa della Santissima Trinità del capoluogo lucano. I resti di Elisa sono rimasti nascosti per ben 17 anni, un periodo estremamente doloroso per tutta la sua famiglia.
Gildo Claps ha raccontato la vicenda in un podcast per Sky Italia e Sky Tg24 intitolato ‘Dove nessuno guarda – Il caso Elisa Claps’. Durante l’intervista, Claps ha sottolineato alcuni fattori che hanno influenzato negativamente le indagini. Innanzitutto, il mandato di perquisizione nei confronti di Restivo, il principale sospettato, non è mai stato firmato dall’allora pm Felicia Genovese. Questo fatto ha gravemente compromesso le indagini. Inoltre, tra il 1996 e il 1997, molti operai hanno lavorato nella chiesa della Santissima Trinità, ma nessuno ha mai notato il corpo di Elisa. Come è possibile che il cadavere di mia sorella sia rimasto lì per 17 anni?
Claps ha anche parlato dei continui depistaggi che hanno caratterizzato la vicenda. Per anni, sono state diffuse voci secondo cui Elisa fosse scappata perché rimasta incinta o perché voleva nascondere un segreto. Queste false informazioni hanno causato ulteriore sofferenza alla famiglia. Inoltre, il ritrovamento del corpo è avvenuto in circostanze che non possono essere considerate casuali. Durante i lavori di ristrutturazione per infiltrazioni d’acqua nella chiesa, alcuni operai hanno scoperto il cadavere insieme agli oggetti personali di Elisa, come l’orologio, gli occhiali, gli orecchini, i sandali e i vestiti. È emerso in seguito che la ragazza aveva subito un’aggressione sessuale prima di essere uccisa.
Secondo la famiglia di Elisa, anche l’allora parroco don Domenico Sabia, conosciuto come “Mimì”, avrebbe contribuito a insabbiare il caso di omicidio. Claps ha dichiarato che ci sono ombre e ambiguità intorno a don Mimì, e che la sua relazione con la famiglia Restivo era molto stretta. Nonostante don Mimì abbia negato sotto giuramento di aver avuto rapporti con l’assassino, la famiglia di Elisa crede che ci sia ancora una verità sepolta. Hanno chiesto a gran voce di conoscere questa verità, ma finora non hanno ottenuto risposte. E ora c’è stato anche l’ultimo smacco: la chiesa della Santissima Trinità, chiusa dal 2010, è stata riaperta in pieno agosto, in una città semideserta. Questa riapertura, avvenuta nel silenzio generale, ha causato una profonda divisione nella città anziché essere un’occasione di pacificazione e di chiusura di questa triste vicenda.
La famiglia di Elisa ha ottenuto solo una verità parziale. È importante che l’assassino sia stato consegnato alla giustizia, ma non basta. Nella chiesa c’è una targa in latino dedicata a don Mimì, che lo celebra come “illustre pedagogo”. Questo fatto fa rabbrividire la famiglia Claps ed è un esempio dell’arroganza di queste persone e del loro distacco dalla gente comune. Tutto ciò mette in discussione i trent’anni di battaglia che la famiglia ha combattuto per ottenere giustizia per Elisa.
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