La sensualità efforless di Numero 21 e il glamour mutante delle forme di Del Core

La sensualità, ancestrale ma mai banale, è il mantra di Alessandro Dell’Acqua che per la sua label Numero 21 torna alle sue radici partenopee. C’è il sapore dei film di Lina Wertmuller e di Sophia Loren in queste mise geometriche che svelano le curve femminili, soprattutto nelle sottane intessute di veli rivestiti di pastiglie opalescenti che paiono scaglie di un lattiginoso plenilunio. I top sono canotte cropped ridotte ai minimi termini che occhieggiano sui bra in colori contrastanti, i tailleur ridisegnano in chiave modernissima i canoni estetici degli anni’50 e certi desiderabili abiti neri in tessuti croccanti si aprono per il cocktail in code drammatiche da diva neorealista.

Così Dell’Acqua descrive lo spirito di questa collezione: «Non ho paura di usare i cliché e di elaborarli: per me Napoli non è un’esperienza perché rappresenta le mie origini. Sulla scorta della mia conoscenza di questa città in cui tutto si sovrappone ho costruito l’immaginario di una collezione leggera, aerea, ottimista. Ho assemblato l’indole aristocratica e quella popolare, la cultura e la carnalità, la finta moralità e la sfacciata sensualità naturale. Con un pensiero al Cristo Velato del Sammartini e un altro a San Lorenzo, il quartiere che contiene la Cappella Sansevero che lo custodisce, insieme a tutte le contraddizioni locali. Nascono da qui gli effetti di trompe l’oeil che non sono contenuti nell’immagine ma nella forma. In questo percorso mi sono fatto aiutare dai tessuti e da materiali che ho utilizzato fuori contesto”.

Tutto è improntato a una carnalità densa di ossimori: le giacche si portano sui boxeur in raso, il completo composto da top e gonna a tubo è realizzato in pizzo bianco spalmato con la biacca, il fake tailleur si declina in pizzo nero, i piccoli abiti e il tailleur pantaloni privilegiano lo chiffon trasparente, il soprabito in faille e i tailleur in chiffon bouclé si tingono di delicate nuances pastello. Il percorso continua con le bluse androgine in cotone a righe sovrapposte al tessuto delle velette, da slip dell’underwear maschile da esporre ben in vista sotto le gonne o sotto le giacche oppure per sostituire top e T-shirt. E infine, gli abiti scuri con il colletto bianco fintamente claustrale: morigerati eppure così sensuali. Un mix di sex appeal e frugalità. Interessante e sempre moderno.

E moderno è anche Daniel Del Core quando cita in modo inedito le forme organiche dell’architettura urbana per dipingere un mood neo romantico e visionario: se, come diceva Robert Mapplethorpe, i fiori sono gli organi sessuali delle piante, allora il giovane creativo, che adora il primo Mc Queen e le sue iperboliche reverie, non offre fianco a critiche quando sembra citare Georgia O’Keefe e i suoi fiori carnali sulle tuniche sharp dallo scollo arricciato mentre i petali di un’orchidea sbocciano sui tailleur in cadì da mattino habillé e sulle affusolate mise da gran sera, perfette per un red carpet hollywoodiano. Il giovane stilista è cresciuto artisticamente e si vede: dopo le impennate comunque valide delle ultime stagioni, ora vira verso un lessico più plane, rassicurante e comprensibile anche se non meno raffinato, come emerge da un eveningwear piuttosto sperimentale a base di effetti lingerie, soprabiti iridescenti, ricami di paillettes come aculei, di delicati panneggi pagani color mauve e di bustier in resina molto dark realizzati con stampa in 3D . Non a caso lo stilista comunica di aver aperto il suo e-commerce e il messaggio dello show è coerente: il designer punta a cementare il link con la sua community. Avanti così. Per tutte le bellissime foto di Del Core ph. Valerio Mezzanotti.

Echi tribali e richiami all’Africa nella collezione di Sophia Nubes: il marchio disegnato da Elena Pioli nato sotto pandemia nel segno della sostenibilità esplora suggestioni coloniali. La stilista é stata folgorata dalla Nigeria e dai suoi artisti che mixano ricerche e tradizione.


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