La moda sotto attacco: Ferragni e la tempesta di critiche sui social.

Le tempeste di fango sui social media: quando la reputazione vacilla

La scalata verso il successo sui social media può sembrare un percorso a senso unico, con milioni di follower, popolarità e guadagni in arrivo. Tuttavia, la realtà è diversa e il caso di Chiara Ferragni ne è un esempio lampante. Le cosiddette “shitstorm”, ovvero le tempeste di fango, colpiscono regolarmente le regine e i re di Instagram, spesso più di quanto si possa immaginare. E quanto più grande è il numero di follower, tanto più devastante può essere l’impatto di una crisi reputazionale. Anni di duro lavoro per costruire una reputazione possono essere vanificati da un piccolo scivolone, lasciando i fan e gli sponsor a guardare altrove.

Quando la gestione delle crisi diventa fondamentale

Un caso emblematico è quello che ha coinvolto il marchio di moda Balenciaga un anno fa, a causa di due campagne pubblicitarie estremamente controverse. Tutto è iniziato in sordina, quando un profilo Twitter con pochi follower, Shoe0nhead, ha sollevato l’attenzione sull’uso “improprio” di bambini nelle foto del marchio. In poche ore, l’indignazione si è diffusa viralmente, generando una tempesta di critiche. Il brand ha reagito lentamente, non comprendendo immediatamente la gravità della situazione e sottovalutando l’importanza di rispondere prontamente. Nel mondo dei social media, dove gli account dedicati a sollevare polemiche si moltiplicano, tacere non è una strategia efficace. Gli esperti di gestione delle crisi consigliano di riconoscere le proprie responsabilità e di scusarsi senza esitazioni.

Questo è ciò che hanno fatto nel 2018 Domenico Dolce e Stefano Gabbana, dopo la cancellazione dello show a Shanghai a seguito delle polemiche per alcuni spot considerati poco rispettosi della cultura cinese. Anche il designer americano Alexander Wang ha adottato la stessa strategia dopo essere stato accusato di molestie da alcuni modelli. Anche Prada e Gucci, due colossi del lusso, hanno scelto un approccio simile quando hanno lanciato sul mercato prodotti considerati offensivi nei confronti delle persone di colore. Vogue Italia è stato accusato di “blackfacing” per un servizio fotografico in cui la modella Gigi Hadid appariva con una carnagione innaturalmente abbronzata. Alcuni marchi hanno istituito comitati etici per favorire l’integrazione e prevenire simili errori, mentre altri hanno fatto donazioni a scopo benefico, come ha fatto la stessa Ferragni promettendo di devolvere un milione di euro.

Quando l’odio sui social media colpisce anche le persone innocenti

La valanga di odio sui social media può colpire chiunque, senza distinzioni. Taylor Swift, Persona dell’anno secondo Time nel 2016, ne sa qualcosa. Si è ritrovata con i suoi profili social invasi dai fan di Kanye West, che l’accusavano di aver diffamato il rapper, costringendola a ritirarsi per mesi. Anche Lizzo, cantante e simbolo della body-positivity, è stata accusata di vessare le sue ballerine a causa del loro peso, passando dall’essere un’icona dei social più corretti a diventare la loro nemica.

Il vero problema è che anche le persone innocenti rischiano di essere trascinate in questa spirale distruttiva. Solo poche settimane fa, molti media hanno riportato una notizia falsa secondo cui Dior Beauty avrebbe licenziato Bella Hadid per le sue posizioni filo-palestinesi, sostituendola con l’israeliana May Tager. Anche se la notizia si è rivelata essere completamente falsa, la polemica ha impiegato giorni per placarsi. La paura di essere travolti da questi meccanismi è così grande che persino di fronte ad accuse palesemente assurde, si preferisce fare marcia indietro in modo precipitoso. Un esempio è Zara, il cui recente annuncio pubblicitario ambientato in un atelier d’artista è stato accusato di parodiare le scene di guerra a Gaza. Nonostante molti abbiano espresso perplessità riguardo alle accuse, il colosso spagnolo ha deciso di ritirare le foto e scusarsi con chi si è sentito turbato e offeso. Il post ha già raccolto 350.000 commenti, divisi tra coloro che criticano il brand per la scelta delle foto e coloro che criticano la decisione di ritirarle.

In conclusione, la reputazione sui social media può essere fragile e soggetta a tempeste di fango improvvisi. È fondamentale per le personalità pubbliche e i brand saper gestire le crisi reputazionali in modo tempestivo e trasparente. Anche le persone innocenti possono essere coinvolte in queste situazioni, dimostrando quanto sia importante fare attenzione alle informazioni che circolano sui social media.


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