Caccia e pesca forever anche in città: per il menswear dell’inverno 2024 Fendi esalta il look country chic urbanizzando il gusto british della ruritania e la palette tipica delle verdi e brumose brughiere anglosassoni comprendente anche il tabacco, il granito, il color fango e il testa di moro. La collezione un pò Another Country all’italiana, come sempre disegnata dallo staff creativo di Silvia Venturini Fendi, da anni responsabile degli accessori del marchio di LVMH nonché figlia d’arte di una delle cinque sorelle Fendi, la raffinata Anna, una gran signora che per anni affiancò un Karl Lagerfeld perennemente in stato di grazia, è un’apoteosi dello spirito bourgeois ed élitario che pervade la serie Netflix The Crown, con le passeggiate a Balmoral di Carlo II di Hannover e dei suoi due figli Will e Harry, oggi divisi da faide ancestrali.
Non a caso nel blindatissimo e impenetrabile parterre dello show in cui ampio spazio è però riservato quasi esclusivamente a una manciata di influencers- in barba alle inchieste giudiziarie di cinque procure italiane sulla falsa beneficenza della platinata Wanna Marchi di Instagram che degli influencers è la vera zarina- nella immensa e un po’ asettica sala dello show grigio asfalto allestita dall’artista Nico Vascellari, accanto a Massimiliano Caiazzo il reuccio di Mare Fuori, il bel Marco Mengoni e Lazza tempestati da un nugolo di flash, sedevano anche Kit Harington dal cast de ‘Il trono di spade’ e Aaron Piper con James Franco e Jeremy Pope che sarà presto Basquiat. La collezione, pur abbastanza sofisticata, contemporanea e non priva di spunti interessanti e/o di sussiegose ricercatezze, a onor del vero però a tratti riprende i cataloghi vintage di Barbour degli anni Settanta quando il brand inglese che tuttora rifornisce i reali per quanto riguarda le tenute più casual (grazie anche a tre esclusive autorizzazioni reali), glamourizzò le giacche cerate care ai portuali scozzesi reinventando la comunicazione del brand.
Su quelle giacche così iconiche, vagamente riviste e corrette dall’équipe creativa di Fendi, il marchio ha stampigliato il celebre logo della doppia F inventato da Lagerfeld nel 1965. Le classiche galosce stile Wellington, che sono il refrain della sfilata, si accompagnano in passerella non solo a difficilissimi kilt tinta unita memori forse del look della principessa Anna di Windsor, ma anche a bizzarre sottane check che in realtà poi a un occhio attento si rivelano dei divertenti bermuda dal cavallo molto basso, stratagemma ingegnoso ma forse poco funzionale per chi deve partecipare a un briefing in una banca o correre a prendere i figli all’asilo. Del resto spesso la praticità non si addice ai modaioli. Tant’é: apprezzeranno invece gli influencer tanto cari al marchio capitolino. Accanto ai giubbotti con ipunture selleria e alle belle giacche di nappa plissettata, frutto vistoso dell’expertise dei nobili laboratori della maison romana che recentemente ha aperto una factory alle porte di Firenze celebrata in pompa magna da una roboante sfilata estiva, si fanno notare i loden di nuova concezione con i colletti di pelle a contrasto e le borse fluffy in casentino, i teddy coat effetto pelliccia in tinte smorzate, i cardigan dall’allacciatura volutamente sbagliata nonché certi estrosi accessori hi-tech come uno speaker portatile racchiuso in un astuccio color tabacco e oro messo a punto da ingegneri francesi.
La sensazione però è che, a parte appunto certe trovate a effetto come le desiderabili borse intrecciate a canestro to die for e alcune argute soluzioni di styling come il layering della canotta della salute grigio piombo sovrapposta alle polo di cachemire peso piuma o le felpe cropped nere senza maniche con cappuccio declinate in pelle leggera e lucida, il luxury brand nato negli anni venti del secolo scorso, e che evidentemente continua a investire in ricerca hi-tech come tiene a farci sapere, si stia un po’ perdendo fra i boschi smarrendo il senso di quello che significa MODA. Ed è un peccato perché un marchio così prestigioso, se volesse, potrebbe tranquillamente vivere di rendita grazie a un formidabile archivio carico di spunti attualissimi che aspettano solo di essere reinterpretati. Auspichiamo infine che sul versante del womenswear la maison decida di affidarsi a qualche creativo più sintonizzato sullo zeitgeist del settore che gli viene delegato per mettersi davvero in discussione osando e rischiando come faceva il sublime e rimpianto Lagerfeld: nel menswear Kim Jones è stato indubbiamente un innovatore ma nel ready to wear femminile le sue idee un po’ troppo stealth wealth stentano a decollare. Speriamo in un risoluto cambio di marcia perché Fendi merita di meglio e ha bisogno di rimettersi in gioco sul serio. Intanto si fanno insistenti i rumors circa l’arrivo nell’ufficio stile della griffe dell’osannato Alessandro Michele. Chi vivrà vedrà.
Lascia un commento