Il capolavoro cinematografico di Luc Besson, Dogman, affascina con la sua brutalità e bellezza: analisi in dettaglio.

Dogman è un film che affronta temi come l’amore, l’odio, la rabbia e la superstizione in modo brutale e senza filtri. La storia, ispirata da un articolo di giornale che racconta di un bambino chiuso in una gabbia, si concentra sulla vita di un uomo, Douglas, che da bambino è stato segregato e maltrattato dal padre e dal fratello, insieme ai cani. Questi eventi lo segnano per sempre, ma riesce a trovare conforto e affetto nel rapporto con gli animali, diventati per lui una vera e propria famiglia.

L’interpretazione dell’attore Caleb Landry Jones nel ruolo di Douglas è magistrale e fa sorgere un parallelismo con il personaggio del Joker interpretato da Joaquin Phoenix. Entrambi i personaggi sono emarginati e sviluppano una rabbia e una brutalità con cui è facile creare empatia, mantenendo intatta la loro umanità.

I cani hanno un ruolo fondamentale nella pellicola, ma la loro selezione è stata un processo lungo e accurato. Ogni cane era accompagnato da un addestratore che impartiva loro i comandi, e dopo le riprese gli addestratori si nascondevano sul set. Tuttavia, nella parte finale del film, si percepisce un effetto che ricorda La carica dei 101 e Mamma ho perso l’aereo, risultando un po’ eccessivo e forse un elemento di debolezza della pellicola. Nonostante ciò, l’effetto cringe di quei minuti non cancella la sensazione di turbamento e di grande empatia che il film riesce a suscitare nel pubblico.

In conclusione, Dogman si rivela un film riuscito, capace di suscitare emozioni forti e di far riflettere sulle tematiche trattate. La storia di Douglas e il suo legame con i cani mettono in luce la crudeltà umana, ma anche la capacità di trovare affetto e comprensione nonostante tutto.

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