Giovanna Boccalini Barcellona, paladina della Resistenza e simbolo delle grandi battaglie per il lavoro e l’emancipazione femminile, è stata celebrata da Google con un doodle in occasione del suo 122esimo compleanno. Nata a Lodi in una famiglia numerosa, Giovanna è figlia di Antonietta Salvarani, una donna che si batteva per denunciare le diseguaglianze salariali e per garantire ai suoi figli, maschi e femmine, un’istruzione adeguata. Vicino alla sua casa viveva lo scultore Ettore Archinti, un artista e militante socialista, che ha fatto di Giovanna la sua modella.
Archinti è stato soprattutto un mentore per Giovanna, insegnandole il socialismo e introducendola nella Società Generale Operaia di Mutuo Soccorso, dove si è dedicata alla biblioteca e ha ricoperto il ruolo di consigliera. A soli 17 anni si è iscritta alla sezione socialista locale, condividendo aspirazioni e interessi con un’altra consigliera e militante socialista, Amore Timolati. Oltre al socialismo, Giovanna era interessata all’emancipazione femminile e, grazie all’incoraggiamento della compagna di Archinti, Celestina Fasoli, è stata introdotta nei circoli femminili socialisti di Milano, dove veniva invitata a parlare ad altre donne.
Giovanna era consapevole dell’importanza dell’indipendenza economica per le donne e della necessità di contribuire alle entrate familiari lavorando. Dopo aver ottenuto il titolo di contabile, ha studiato presso la Scuola Normale Femminile di Lodi per diventare maestra elementare, un lavoro che ha svolto per gran parte della sua vita. Durante l’ascesa del fascismo, ha vissuto sulla propria pelle la violenza del regime, rimanendo coinvolta ma fortunatamente incolume in uno degli eccidi fascisti che si sono consumati nel 1919 nel teatro Gaffurio di Lodi. Nel 1924 ha incontrato Giuseppe Barcellona, un procuratore alle imposte siciliano, che ha poi sposato.
L’anno successivo ha dato alla luce il loro primo figlio, chiamato Giacomo in memoria di Giacomo Matteotti, rapito e ucciso dai fascisti. Nel 1927 si è trasferita a Milano, ma ha mantenuto un forte legame con Lodi e con Archinti. Nel 1929 è nata la loro seconda figlia e Giovanna ha ottenuto un posto in una scuola elementare maschile. Nonostante la militanza politica fosse diventata impossibile durante il regime fascista, Giovanna, insieme alle sue tre sorelle più giovani, è stata protagonista di un’impresa sportiva pionieristica: ha fondato la prima squadra di calcio femminile italiana, il Gfc (Gruppo femminile calcistico), di cui è stata anche commissaria.
Giovanna ha incontrato numerose difficoltà nel cercare di ottenere le autorizzazioni per giocare da parte dei fascisti, oltre alle difficoltà personali legate al confino del marito per una vicenda alla quale si è dichiarato estraneo. Nonostante la breve durata della squadra, così come il confino del marito, entrambe le esperienze hanno segnato profondamente Giovanna. Ha dimostrato la sua tenacia nel sostenere il marito e il Gfc, diventando segretaria della squadra e guidandola quando i fascisti ne avevano decretato la chiusura. La morte del figlio primogenito è stata un punto di svolta nella sua vita, ma la caduta del fascismo e il bisogno di reagire a quella perdita hanno ravvivato la sua passione per la politica. Si è iscritta al Partito Comunista Italiano (PCI) e vi ha militato fino alla sua morte.
Oltre ad essere una pioniera del calcio femminile, Giovanna ha fondato i Gruppi di Difesa della Donna, un’organizzazione interpartitica femminile che sosteneva la lotta di Liberazione, l’emancipazione e l’educazione democratica delle donne. Ha anche diretto il giornale “Noi Donne”. Giovanna Boccalini Barcellona è morta ad Osnago nel 1991, lasciando come eredità il suo impegno civile e politico e rappresentando un ponte tra l’esperienza emancipazionista pre-fascista e il femminismo.
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