Favino critica la scelta di Adam Driver nel ruolo di Ferrari: una decisione assurda

Il Lido di Venezia è stato recentemente scosso da una polemica che ha animato l’80esima edizione della Mostra del Cinema. La mancanza di attori sul tappeto rosso, a causa dello sciopero di Hollywood, ha già pesato sull’atmosfera della manifestazione. Ma a riaccendere i riflettori è stata l’intervista di Pierfrancesco Favino, protagonista del film “Adagio” di Stefano Sollima, che ha espresso il proprio dissenso riguardo alla scelta di affidare ruoli italiani a attori stranieri, definendo questa pratica come “appropriazione culturale”.

Il motivo di questa reazione risiede nella presentazione in anteprima al Lido di “Ferrari”, un biopic dedicato a Enzo Ferrari, in cui il personaggio di Drake è interpretato dall’attore americano Adam Driver. Dopo la proiezione del film, applaudito dagli spettatori, molti hanno sottolineato l’uso di un accento italiano molto marcato, e quasi fastidioso, nei dialoghi recitati in inglese dagli attori. Penélope Cruz, che interpreta la moglie di Enzo Ferrari, recita in inglese ma con accento italiano. Lo stesso accento che era stato oggetto di polemica nel film di Ridley Scott “House of Gucci”, in cui Driver e Lady Gaga avevano recitato i ruoli di Maurizio Gucci e Patrizia Reggiani. In modo ironico, Favino ha scherzato sull’accaduto affermando: “I Gucci avevano l’accento del New Jersey, non lo sapevate?”.

Utilizzando l’esempio di Adam Driver nell’interpretazione di Enzo Ferrari, Favino ha sollevato la questione dell’appropriazione culturale, domandandosi perché non siano stati chiamati attori italiani di pari livello per questi ruoli. Ha rivolto il suo appello a Toni Servillo, Adriano Giannini e Valerio Mastandrea, suoi colleghi di set in “Adagio”, chiedendo perché non siano coinvolti in film del genere e perché si scelgano attori stranieri per interpretare i protagonisti delle storie, compreso l’accento esotico. Favino ha sottolineato che se un attore cubano non può interpretare un messicano, allora perché un attore americano può interpretare un italiano. Questa situazione, secondo l’attore, rappresenta un atteggiamento di disprezzo nei confronti del sistema italiano, e se queste sono le leggi comuni, allora anche loro devono partecipare.

L’argomento dell’appropriazione culturale è diventato sempre più spinoso negli ultimi anni, coinvolgendo l’industria cinematografica. Dal dibattito sulla rappresentazione delle minoranze nei film Disney alla questione su se sia giusto che un attore cisgender interpreti un personaggio transessuale, fino alla questione sollevata da Favino, se sia opportuno che un attore di una nazionalità e cultura diverse da quelle del personaggio interpreti quel ruolo. Questo dibattito è più urgente che mai e richiede risposte.

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