A Milano la perennial Pat Cleveland apre le danze della fashion week per Biagiotti mentre Mario Dice flirta con Medea

Volteggia come una farfalla avvolta in sete iridescenti quasi a evocare i vividi bagliori delle notti selvagge allo Studio 54: la top model Pat Cleveland, musa di Halston e di Lagerfeld, incanta e stupisce al Piccolo Teatro Strehler di Milano aleggiando sulla passerella di Laura Biagiotti. E’ questo il rutilante incipit della nuova fashion week milanese.

La sfilata per l’estate 2024 della griffe capitolina fondata negli anni’70 da Laura Biagiotti è un back to my roots ma mai troppo discalico. Lavinia Biagiotti Cigna, figlia di Laura, la formidabile regina del cashmere, ed erede dell’impero materno che nel 1988 aprì al Made in Italy la via della seta approdando a Pechino, rispolvera per attualizzarli i grandi classici della maison romana, dal cachemire immacolato e prezioso ai sofisticati abiti danzanti da eterea libellula fino a quelle suggestive decorazioni che abbelliscono le sale di un antico maniero, il castello Marco Simone di Guidonia dove nel 1979 la stilista romantica ma risoluta installò la sua sede.

La collezione è incantevole e calibrata e punta sulla grazia e l’eleganza inossidabili di capi eterni e longevi, ergo assolutamente sostenibili. Per chi vuole essere femminile ma anche un po’ candidamente rampante, ecco le giacche morbide e strutturate del daywear pensate come gusci protettivi abbinate a ricercati chemisier stampati con le grottesche e le splendide composizioni pittoriche antropomorfe che ornano gli affreschi del castello rinascimentale alle porte di Roma. Vestirsi con cura é anche un modo per riappropriarsi del proprio tempo come gesto liberatorio che passa essenzialmente per l’estetica. E così per la gioia di Martina Stella e Anna Cleveland si susseguono in pedana blazer di maglia e di lino, spolverini di satin e pizzo sangallo, cappotti double e soffici trench, complici di una femminilità delicata e sommessa che non ammette anacronistiche iperboli né tantomeno cadute di stile.

La sfilata segna un ritorno all’essenza di uno stile che affonda le radici nella classicità e nei fasti dell’Antica Roma ma immune da sterili citazionismi. Tutto sembra perfetto per la donna di oggi, magari un po’ meno esibizionista e più discreta e understated come dovrebbe essere. Il look dei nuovi pattern da castellana 5.0 è ludico e si imprime su capi di seta fluttuanti, sull’iconico abito-bambola, nei completi di camicia e pantalone innervati di piegoline, nelle gonne godet e negli shorts-minigonna sbarazzini a grandi pieghe, nelle camicie dalle linee pulite, nei tessuti più pregiati come il satin, il crêpe de chine o il più croccante taffetas. Le scene metamorfiche si sommano, si sovrappongono, e diventano punto di contatto che lega realtà e immaginazione, mondo esteriore e interiore, per nuove “creatrici di alchimie”.

La palette prende le mosse dal bianco ottica sviluppandosi prevalentemente nei toni naturali, declinati nei tessuti tweed, ecrù o a puntini luminosi, per cardigan sfoderati lunghi alla caviglia, gonne longuette, gonnellone midi in macro-macramè , per completi laminati di argento e d’oro. Si tinge per la sera in abiti lunghi di georgette con effetto sfumato. La maglia è il cult Biagiotti: presi in una rete alchemica, sottile ma resistente, frutto di una sapiente fusione tra artigianato e tecnologia, sfilano micro-pull e cardigan, abiti-sirena, top e tubini. La treccia di cashmere, segno della bellezza che tende all’infinito, da sempre protagonista delle collezioni Biagiotti, si illumina con strass dorati per dare vita a confortevoli jumpers, cardigan protettivi come una coperta, e abiti fascianti. Striscioline di cashmere lavorate a mano compongono l’abito danzante con centinaia di frange che sembra emulare i look di una memorabile collezione della fine degli anni’90, tributo della colta dama bianca ai pavimenti cosmateschi delle basiliche capitoline più ricche e suggestive.

Nel parterre del Piccolo applaudono questo idillio spettacolare di classe e armonia tutta italiana nel parterre le Ferragni e Mariano Di Vaio, Francesco Arca e Serena Rossi, Clizia Incorvaia e Anna Safroncik, Filippo Lamantia e Romina Power. “Riconoscere il proprio DNA è come nutrirsi attraverso la propria scaturigine: la fedeltà alle origini significa una nuova narrazione, è sempre creativa, aperta alle sfide. Ecco l’ossimoro del Castello per l’estate che verrà, frammenti di passato e di futuro che compongono il tessuto delle nostre vite”, chiosa una radiosa Lavinia. Gioca con l’antico senza però esserne succube il designer pugliese Mario Dice che nella sua collezione da solista rinverdisce i fasti di Medea, ipnotica protagonista di tragedie vergate da Euripide e Seneca.

Lo stilista, molto amato da Sharon Stone e che recentemente ha anche lanciato una sofisticata e grintosa linea di abiti in pellami preziosi e assolutamente green, flirta col mito ellenico e rilancia la carta della donna autentica e un po’ mistica che ama la sensualità di linee fluide e vagamente accostate al corpo in un continuo refrain di vedo-non vedo, pieno e vuoto, asimmetrie e cut out. I decori sono come sempre molto curati e parlano il linguaggio del fatto a mano per chi non ama passare inosservata: azzeccati gli accessori firmati Amato Daniele che si è fatto un nome per le sue vibranti borse gioiello. Le tunichette in nappa rock da groupie occhieggiano a ornamenti ancestrali mentre le tuniche sexy un po’ anni’70 si tingono di glicine. Forza e delicatezza compongono un dualismo che connota la donna di oggi senza stucchevoli ammiccamenti. Così è se vi pare la donna dell’estate 2024.


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