Femminicidi in Italia: un triste bilancio del 2023
Ancora una volta, ci troviamo di fronte a una tragica storia di femminicidio. Un uomo ha ucciso la sua compagna, cercando di giustificare il suo gesto con la gelosia e il timore di perderla. Ha strangolato la donna nella loro camera da letto, lasciando i loro figli a testimoniare l’orrore. Questo è solo uno dei tanti casi che si verificano ancora troppo spesso nel nostro paese.
Secondo i dati del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, aggiornati al 12 novembre, dall’inizio dell’anno sono stati commessi 102 omicidi di donne in Italia. Di questi, 82 sono avvenuti in ambito familiare o affettivo, e ben 53 sono stati commessi da partner o ex partner. Nel corso del 2022, erano stati registrati 61 femminicidi.
Purtroppo, sembra che il 2023 non si concluderà diversamente. Le statistiche della polizia indicano che si verificano in media dieci femminicidi al mese. Di fronte a questa drammatica realtà, è emersa una proposta di legge per rafforzare le misure contro la violenza di genere. L’obiettivo è rendere la vita più difficile per gli stalker e i violenti, prevedendo strumenti di prevenzione più efficaci e l’allontanamento immediato dal contesto familiare anche in assenza di flagranza.
Recentemente, il Senato ha approvato il disegno di legge Roccella, sebbene l’aula fosse quasi deserta. Forse molti erano in piazza a manifestare per Giulia Cecchettin, una delle vittime più recenti. Nel frattempo, una sentenza della Consulta ha dichiarato incostituzionale l’ultimo comma dell’articolo 577 del Codice Penale, introdotto dal cosiddetto “Codice Rosso”. Questa norma vietava al giudice di considerare le attenuanti generiche e della provocazione più importanti dell’aggravante dei rapporti familiari tra l’autore e la vittima di omicidio. Sebbene questa decisione sia nobile nelle sue intenzioni, rischia di aprire la porta a sconti di pena per coloro che non meritano tali attenuanti.
In tutto questo, cosa rimane per coloro che sono rimasti? I figli che hanno perso la madre, i genitori che hanno perso le figlie, le sorelle e gli amici che si tormentano con il senso di colpa e il dubbio di non aver capito o fatto abbastanza. Rimane la rabbia, una rabbia sempre più intensa rispetto alla speranza.
La sorella di Giulia Cecchettin, Elena, ha espresso la sua rabbia dicendo: “Per Giulia, bruciate tutto”. Forse sta cercando di trasformare questa rabbia in qualcosa di costruttivo, qualcosa che vada oltre le polemiche e le battaglie sulle parole come patriarcato e attivismo. Qualcosa che possa impedire che il silenzio si ripeta. Auguriamoci che ciò accada.
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