Il campetto di Caldogno di Baggio: una scuola di calcio e di vita

Roberto Baggio è il testimonial dell’iniziativa “Tutti in campo”, che promuove lo sport di base e si concentra sul supporto alle piccole squadre di provincia. In un’intervista, Baggio rivela i suoi ricordi dei primi anni di carriera e sottolinea l’importanza di essere umili e giocare per la squadra.

Il campetto di Caldogno, il paese in cui è nato e cresciuto, è il luogo in cui Baggio ha passato molte ore a giocare con i suoi amici, i suoi cugini e i suoi compagni di scuola. Ricorda le lunghe sfide che si protraevano fino a notte fonda, finché il buio o le richieste dei genitori non li obbligavano a tornare a casa esausti.

All’inizio, Baggio giocava in partite amichevoli tra amici, dove faceva anche da “allenatore”, disegnando le formazioni su un foglio di carta. Non avevano scarpe da calcio, ma giocavano con i mocassini. La convocazione per le partite era precisa e chi arrivava in ritardo non poteva giocare. Baggio rivela che era difficile distinguere i giocatori più bravi, quindi cercavano sempre di stare nella squadra con il giocatore più alto, perché metteva più paura agli avversari.

Baggio è rimasto in contatto con i suoi vecchi compagni di calcio che vivono ancora in zona. Si ricorda anche del suo primo allenatore, Piero Zenere, un fornaio del paese che ha oltre 80 anni. Baggio rivela che Zenere è venuto a trovarlo di recente insieme a Vittorino, il barbiere che gli faceva i tagli di capelli quando era ragazzo.

Baggio sottolinea l’importanza dell’umiltà e della passione per la squadra che gli allenatori del suo paese gli hanno insegnato. Afferma che questi allenatori li tenevano con i piedi per terra, insegnando loro i valori e le regole che valgono per sempre, sia nel calcio che nella vita. Baggio ritiene che la passione e il tempo libero offerti dagli appassionati e dai genitori siano la base dello sport italiano.

Quando gli viene chiesto se va ancora a vedere le partite di calcio dei ragazzini, Baggio rivela di essere andato solo una volta per vedere una partita di suo figlio e di essere tornato a casa dopo aver assistito a un litigio tra genitori. Afferma che oggi manca una sana educazione sportiva, e troppo spesso i genitori sugli spalti si comportano peggio dei figli in campo.

Baggio ha sempre creduto nei giovani e ha presentato un progetto alla Federcalcio per valorizzarli, ma ha dovuto riconoscere che i cambiamenti necessari non rientrano nei programmi a causa degli interessi economici. Crede che aiutare i giovani a esprimersi dovrebbe essere una priorità assoluta in tutti i campi.

Baggio racconta anche un episodio della sua carriera in cui si era ritrovato senza contratto dopo tre anni all’Inter e si allenava da solo sul campetto di casa. Ricevette una telefonata da Carletto Mazzone, che voleva che giocasse per il Brescia. I quattro anni trascorsi a Brescia sono stati spettacolari, con il Brescia che ha raggiunto la Coppa UEFA e ha perso la finale dell’Intertoto contro il PSG.

Infine, Baggio rivela la passione di suo padre per il ciclismo e ricorda le domeniche in cui andavano insieme allo stadio in bicicletta per vedere il Vicenza giocare. Sua madre lo portava sulla canna della bicicletta e Baggio si aggrappava alla rete dello stadio per vedere meglio. Ricorda con affetto Paolo Rossi, l’idolo di tutti i ragazzi dell’epoca, con cui aveva una grande amicizia. Sostiene che la morte di Rossi lo ha colpito molto e che stavano progettando di fare molto per dare un futuro migliore al calcio.

Oggi, Baggio trascorre le sue giornate a prendersi cura della casa e del giardino, poiché ha un’ossessione per l’ordine e la pulizia. Ammira il football americano e il basket NBA e ha una particolare ammirazione per LeBron James.

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