Profuma di restaurazione e di élitarismo l’ultima, sontuosa collezione maschile di Dolce&Gabbana per l’inverno 2024, un inno a una matura sartorialità impregnata di sofisticato decadentismo mitteleuropeo che occhieggia alle icone tormentate di una lasciva mascolinità: dall’idolo viscontiano Helmut Berger de ‘La caduta degli dei’ al Conte di Montecristo, da Ludwig di Baviera a Giancarlo Giannini magistralmente calato nei panni di Tullio Hermil per il film ‘L’innocente’. Regale ma inquietante, il principe delle tenebre tratteggiato dalla coppia creativa punta sul dark appeal di lussuosi mantelli e di trench color liquirizia dal taglio impeccabile ma anche cropped jacket carbone dalle spalle a T abbinate a croccanti bluse in tinta adorne di un fiocco La Vallière come Lord Byron a Villa Diodati o Téophile Gaultier all’epoca dei moti del 1830. L’animalier, uno dei codici della maison, privilegia stavolta nuances discrete come il grigio tortora quasi mimetizzandosi fin dal mattino sui cappotti over di pregiata lana furry. Il dolce vita, che si può portare da solo o sotto la giacca per eliminare il formalismo della cravatta, si atteggia come una comoda e voluttuosa blusa bianca dai volumi generosi e il gilet, un altro classico della griffe, si reinventa giacca di pelle da duro ma senza maniche.
Ha fatto scuola anche qui, a quanto pare, lo charme ipnotico del bel René Jean Page che nella prima stagione di Bridgerton ha sedotto milioni di spettatori. Nel parterre peraltro sono schierati alcuni dei sex symbol più desiderati delle nuove fiction targate Netflix: da André La Moglia a Lucien Laviscount fino al sulfureo Simone Susinna, una carrellata di bellezze esotiche ma anche squisitamente latine che applaudono gli outfit gessati come i blazer solenni impreziositi da incrostazioni gioiello o le giacche di paillettes sfoggiate in passerella da Nikko Gonzalez rampollo del magnate Jeff Bezos seduto in prima fila accanto a Blanco. De profundis per lo streetwear, in pedana solo capi pregiati e fatti a mano che evocano un noblesse oblige molto asburgico ma anche molto cool. Atmosfera Sturm und Drang per le imperiose pellicce rasoterra maledettamente sexy dedicate a un Gunther Sachs moderno, da portare su pants aderenti infilati negli stivali, un po’ d’Annunzio a Fiume e un po’ Lord Brummel ad Ascot, sicuramente un grande ritorno del prossimo inverno. La canotta, inconfondibile must dell’iconografia del brand, è abbellita da una fascia cummerbund per segnare il punto vita.
In parte lo show può essere letto come una decomposizione per nulla leziosa né scontata dell’abito di gala formale dei maschi occidentali, codificato un secolo fa nei suoi elementi caratterizzanti: dalla camicia immacolata con lo sparato ai pantaloni morbidi con banda laterale di satin passando per la giacca da frac del giovane Toscanini che, orfana delle sue code, simula uno spencer ottocentesco. Ognuno di questi elementi, perfino il cummerbund, che a tratti per fare le ore piccole si trasforma in un top drappeggiato, è decontestualizzato dalla divisa formale da sera per acquisire un valore autonomo, laddove invece le intriganti trasparenze dello chantilly e gli intarsi di pizzo mitigano il rigore marziale di alcuni look dello show, appena rischiarati dal soffuso barbaglio di un diluvio di paillettes come perline di caviale del Volga.
Perfino il denim, virato in soluzioni sleek, perde qualunque inflessione stradaiola per assumere un’aria snob. Sfilano in passerella un po’ tutti i protagonisti delle tele di Tamara de Lempicka che sembrano prendere vita negli outfit da passerella: dal Marchese Sommi al tenebroso Tadeusz de Lempicky, dal Granduca Kostantinovich alla Duchessa de la Salle, bella e un pò perversa nel suo assertivo completo da amazzone completo di boots neri da cadetto. Standing ovation quindi non solo a una delle collezioni più belle mai presentate dal duo creativo (e anche una delle migliori viste in questa fashion week maschile) ma anche alle dichiarazioni dei due stilisti Domenico Dolce e Stefano Gabbana.
A differenza di altri big del lusso concorrenti del loro marchio, i due creativi sempre coerenti, senza citare il caso Ferragni-gate, hanno comunque assunto una posizione netta contro gli influencer a favore della meritocrazia della cultura e dei professionisti che si occupano di informazione:””Siamo stati gli unici -hanno ricordato poco prima del loro show a Milano – a non lavorare con gli influencer, li abbiamo fatti sfilare ma non abbiamo mai pagato nessuno. Si commentano da soli e da tanto, non è una novità ora che è uscita questa bomba. Il giornalista fa un mestiere per cui ha studiato, ha una cultura, si può avere un dialogo alla pari. Un influencer di vent’anni non ha colpa, ma non ha quella cultura e con tutto il rispetto il suo è un lavoro diverso, oggi bisogna tornare alla qualità, che è anche amore, perché la carezza di un padre non ha il valore di un like. In questi anni ci siamo tutti ubriacati con la comunicazione globale, oggi tutti parliamo di tutto, dalla medicina alla moda – sottolineano i due creativi – dalla scienza alla cultura, ma per farlo bisogna aver studiato, altrimenti cosa esisterebbero a fare le università? Dobbiamo dar voce in tutti i settori a chi ha competenze, è arrivato il momento in cui siamo tutti stanchi, dobbiamo trovare una soluzione per migliorare. Dicono che la bellezza salverà il mondo e noi ci crediamo”. Chapeau!
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